PoMaC – Il Racconto §5

Ho appena ripreso a correre sulla strada provinciale, e già il segnale gps è perso.
Quale spirito si burla di me e anela a trattenermi qui?
Al bivio in direzione d’Ortacavoli mi siedo sotto radi alberi, in cerca d’ombra per lo schermo del telefono.
Anch’ella (inizio a personalizzare il navigatore, la cui voce femminile, di leggero accento teutonico, trovo ottima per sentirsi spronati) forse è accaldata, ma quel poco rilassamento è sufficiente per fissare nuovamente il segnale.
Allora giù, per le strade poderali che attraversano queste colline, collegando improbabili agriturismi, resort, piscine, ristoranti, tutti vuoti di qualsivoglia apparenza d’esseri umani.

Infilo un breve single track alternativo. 

I massi erratici non ce l’hanno fatta a errare oltre. Li saluto e passo nel mezzo.

Il caldo e la forte luce riflettente sull’acciottolato biancastro acuiscono il senso di stanchezza; mi sembra che tutto quel che io porti addosso, dal cappellino al booster passando dalla tasca sul braccio, si appiccichi disgustosamente alla pelle rendendomi insofferente.
Mi concedo una pausa arrampicandomi sul leggero dislivello che separa la strada da un campo arato, rimanendo acquattato sotto la bassa vegetazione.
Guardo verso il mare; si intravede di lontano.

E riparto. Senza soluzione di continuità mi trovo nel Giardino Scornabecchi, un piacevole parco alberato; ma nessun Umano oggi lo frequenta.

Un invitante sentiero ombreggiato. Dove condurrà?

Lo ignoro un po’ a malincuore e in breve sono fuori dal parco.
Il navigatore suggerisce di svoltare a sinistra, ma la direzione non mi sembra corretta, il sentiero indicato si piega ad U e almeno apparentemente volge indietro.
Procedo diritto per qualche centinaio di metri in cerca di via Po, la prima strada che dovrei incrociare alla periferia di Cecina.
Osservo la mia posizione sulla mappa: no, mi sto allontanando dal tracciato.
Torno indietro. La direzione corretta è indubitabilmente a destra.
“Via Po” in questo tratto è un fiumicello secco! Poi un sentiero malmesso. Indi una strada sterrata. Infine l’asfalto che attendevo (e temevo).

La batteria del telefono si sta scaricando di nuovo. Niente più foto fino all’arrivo.
Anche il mio desiderio di corsa, su queste strade senza stimoli, è nullo. Le gambe -già provate- mi sembrano ora di pietra, come se un perfido incantesimo mi stesse trasformando in un troll di roccia.
Sento la mancanza di un/a partner di piede con cui scherzare e incoraggiarci reciprocamente.
Attraverso la zona industriale. Odore di legno tagliato e di vernice. Non mi ispira.
Raggiungo il centro di Cecina. Trovo un fontanello d’acqua freschissima che pacifica i pensieri.
Ma non è sufficiente. Arranco su strade sterrate che connettono case e fattorie nei pressi del fiume Cecina.
Mi affaccio sulla via col grande ponte che oltrepassa il fiume alla foce.

Il telefono si spegne. Non m’occorre più.
Questa strada è usata da podisti, camminatori, ciclisti per allenamenti e passeggiate.
E trovandomi così, in mezzo a loro, chi procede tranquillo chi allunga in progressivo, sorridendo delle mie debolezze, scocca la scintilla: raddrizzo la schiena, riprendo a correre ancora una volta, sono a un paio di strade dall’arrivo, pochi chilometri, non mi fermerò fino alla Pineta. Eccola!

Il benvenuto al pellegrino nonché sedicente atleta.

E l’ultima fontana, 61° km!
Il PoMaC finisce qui.
Anzi no…

Un po’ incerto sulle gambe, mi trasferisco in spiaggia.
Il vento è forte, scuote il mare innalzando onde su onde.
Troppo impegnativo per nuotare; ma posso giocare con i cavalloni, lanciandomi loro contro e lasciandomi travolgere dalla greve irruenza. Un energico imprevedibile massaggio con crema di sale e sassolini.
Al mio ritorno verso l’auto mi guardo indietro; le luci dell’abitato brillano come fiamme fra i tronchi e i rami scuri.

La Via prosegue senza fine
Lungi dall’uscio dal quale parte.
Ora la Via è fuggita avanti,
Devo inseguirla a ogni costo
Rincorrendola con piedi alati
Sino all’incrocio con una più lunga
Dove si uniscono piste e sentieri.
E poi dove andrò? Nessuno lo sa.

Così cantava Bilbo Baggins secondo J. R. R. Tolkien.

Ma per me stasera i sentieri sono terminati.
Fiato alle trombe (anzi, alle tube o flicorni)!

Non c’è corsa, non c’è trail running che non si concluda con una succulenta mangiata e possibilmente una bevuta alcoolica.
È una regola aurea, e il PoMaC non fa eccezione.
Il locale, un simpatico circolo a Nibbiaia, stasera è tranquillo, come speravo; l’ultima coppia di avventori esce mentre io arrivo.
Come un principe d’altre epoche siedo solitario nel vuoto salone.
Accanto a una finestra, scelgo per me il tavolo numero 1: è la 1° edizione, e posso ben affermare d’essere giunto 1°, ed è stata dura pur essendo l’unico partecipante!
La pizza è quasi una focaccia, proprio come l’avevo chiesta.
Il fastidio allo stomaco è nulla più d’un ricordo.
Accendo la candela.

⇓ PoMaC ⇓

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