PoMaC III – Il Racconto §1 lungo l'Era da Pontedera a Ponsacco, poi su a Collemontanino

Quest’anno ho un computer palmare (alias smartphone o genericamente e ormai impropriamente telefono) nuovo.
L’ho scelto in base a una caratteristica principale: l’efficacia del posizionamento satellitare. Poiché si tratta di un aspetto solitamente non presentato né indagato in profondità, ho optato per individuare i dispositivi compatibili col sistema Galileo, presumendo che il soddisfacimento di questa condizione comportasse anche l’architettura di qualità che cercavo.
La seconda caratteristica ricercata era il prezzo moderato! Ho avuto successo.
Col supporto del navigatore Osmand, le mie esplorazioni e ricognizioni, anche al di fuori dei sentieri già cartografati, sono notevolmente piú efficaci.

Ci eravamo lasciati nei pressi del cimitero di Pontedera, ora percorro un tranquillo vialetto fra gli alberi, che presto si innesta sui sentieri degli argini.

Costeggio il fiume Era.
Non ci sono molte persone intorno, tuttavia incrocio qualche podista, chi cammina, chi corre piano, chi allunga in scioltezza; e sono tentato d’inseguire il lesto pede, ma pesto i piedi (miei) e rimango fedele al piano A: niente scatti né velocità, almeno per il momento.

Poi il fiume Cascina, che serpeggia nell’Era.
E non sento caldo! L’aria non ribolle. Questi tratti di percorso senza speranza d’ombra posso finalmente apprezzarli nella mattina tersa dell’incipiente primavera.

Arrivo a Ponsacco. Superato un ponticello, poco dopo aver lasciato l’argine, raggiungo una grande strategica fontana.
Bevo abbondantemente e mi trastullo empiendo la sacca del camel bag. La prossima fontana la troverò fra 15-20 km.

Proseguo su stradine secondarie connesse da un sentierello che attraversa un campo. È la prima modifica significativa ancorché breve rispetto al percorso precedente; permette di evitare la via piatta e trafficata che si intravede a destra della fontana. Finché giungo in vista del Grande Verme.

O è una Banana Astrale? L’oggetto è posto al centro di una rotonda, certamente un designer reputò la collocazione pertinente, a me appare come un oopart, e forse è proprio questo l’effetto ricercato.

Procedo tranquillo sull’ampia strada sterrata in direzione di Casciana Terme, attraversando vasti campi.

Poi la via poderale si stringe un po’, curva a destra e sinistra, scavalca bassi dossi. E lo sguardo, non abbagliato dal sole, continua a spaziare verso colline lontane, che presto raggiungerò.

Un breve tratto d’asfalto e torno a calpestare i sentieri, saltando un piccolo guado.

Affronto la prima salita, in verità poco impegnativa. Le gambe sono sciolte, ma non ho alcun desiderio d’affaticarle, perciò afferro ed estraggo il bastoncino e ad esso comodamente m’appoggio.

Questo sentiero nasce tra le case di una frazioncina e permette, col suo salire poi scendere, di evitare qualche chilometro di strada provinciale; un’altra miglioria del percorso per individuare la quale qui venni in ricognizione mesi addietro, correndo diverse varianti di anelli intrecciati e, al momento di ripartire, ormai sera, con poca visibilità, manovrando a marcia indietro l’automobile la sospinsi… in un canaletto! Fu un Locale, inizialmente un po’ riluttante ma in seguito assai disponibile, a salvarmi agganciandola alla sua con una corda e tirando: l’automobile fuori dal fosso, me fuori dai guai.
E insegnandomi, con mia sorpresa, che le automobili hanno un gancio, per essere agganciate.

Incrocio nuovamente la strada provinciale e presto la lascio deviando verso una delle tante aziende agricole attive nella zona. Da qui si sale per svariati chilometri. Ma sono dislivelli morbidi, facilmente corribili, pure interrotti da qualche tratto pianeggiante. In cima a questa collina una casa colonica abbandonata dagli Umani ma non dai Vegetali.

Interseco un borgo, di cui ignoro il nome, con qualche casa nuova, e raggiungo uno stadio di periferia, di nuovo nei pressi della strada provinciale.

Sono ai piedi di Collemontanino. Qui la salita si fa ripida, freno lo slancio e passo a camminare. Evito la strada principale privilegiando un sentierino che offre anche una bella vista sulla collina prospiciente.

Questo è il cimitero di Collemontanino: un po’ spoglio, ma accogliente, vero? C’è spazio libero per i prossimi ospiti.
Sí, i cimiteri mi piacciono; pur avendo altri progetti per lo smaltimento del corpo con cui identifico la mia persona, per me questi luoghi sono la metafora del traguardo finale di tutto il cimento e la narrazione del gran correre: ovvero, la morte.

Io, Rohitassa, ricordo una vita passata in cui possedevo poteri soprannaturali ed ero in grado di volare nell’aria più velocemente di una freccia. Col singolo passo potevo saltare dal mare orientale fino al mare occidentale. Ero determinato a fuggire dal mondo di nascita, vecchiaia, malattia e morte, per trovare un mondo in cui gli esseri non fossero più oppressi da nascita e morte. Giorno dopo giorno viaggiavo a grande velocità, senza mai fermarmi per mangiare o bere, riposare o dormire, urinare o defecare. Per cento anni andavo a quella grande velocità, ma arrivai da nessuna parte; finché un giorno morii sul ciglio di una strada. (chapter 70)
Thich Nhat Han
Old Path White Clouds: Walking in the Footsteps of the Buddha

Fra le strette vie di Collemontanino, tra i vasi e i tubi sullo sfondo di mura scrostate, qualcuno ha posto un simulacro di leone da guardianía.

Verso la cima del borgo ritrovo la rustica ancorché petrarchesca Fontana:
Chiare Fresce e Dolci Acque“.
Oggi mi sembra che il retrogusto di cloro sia assente. O forse sono troppo rilassato per notarlo.
E qui sosto per una pausa idrogastronomica, addentando le piacevoli scorte.